Ci è stato spiegato grosso modo chi c'è dietro l'ISIS. Sarebbero stati cioè, a turno o tutti assiene, i Sauditi, gli Emirati del Golfo Persico o la Turchia a rifornire di armi e denaro lo Stato islamico. Cosa c'è invece sotto il Califfato? Chi sono i suoi abitanti ed i suoi "soldati"? Cambia qualcosa oggi, dopo l'arresto dell'ultimo attentatore di Parigi?
Rispetto al vecchio terrorismo Osama-style si è certamente passati da una struttura elitaria e fondata su gruppi combattenti geograficamente collocabili ad un modello di estremismo diffuso ed autoprodotto. Le periferie di città occidentali come Parigi e Bruxelles ospitano potenziali terroristi che possono attivarsi, come si è visto, in maniera autonoma o collegandosi a piccoli gruppi di combattimento certamente difficili da intercettare e controllare. Da una parte la nuova dimensione dell'estremismo è l'applicazione al jihad tradizionale dei social network, ma dall'altra cosa spinge uomini e donne a rispondere algli appelli deliranti lanciati nelle moschee dell'Iraq o nel mare di internet?
Indubbiamente, alcuni sono affascinati da una certa lettura della dottrina islamica, ma la religione sembra sempre più l'esca utilizzata per prendere all'amo tutti quelli che nella vita, nella dura vita imposta dai regimi mediorientali, hanno subito torti e violenze ed hanno almeno un motivo per credere che il ritorno al rigore dell'Islam delle origini li possa condurre ad un'esistenza più dignitosa. Le cose devono apparire ben diverse se viste con gli occhi di un ventenne nato a Raqqa e che ha passato gli ultimi cinque anni sotto le bombe. E così il califfato, il cui gruppo dirigente è composto in buona parte da ex ufficiali del Baath di Saddam Hussein, si trova a controllare un'area vasta quanto il Regno Unito ed i proventi di numerose attività, a diffondersi in tutte le aree di crisi di Medio Oriente ed Africa ed a rovinare perfino le nostre vacanze a Sharm El Sheik.
Ancor più interessante è il caso dei cosiddetti foreign fighters, gli immigrati arabi di seconda o terza generazione che rispondono dall'Europa alla convocazione del Califfo Al Baghdadi e ritornano in Medio Oriente per combattere . A loro sono in qualche modo assimilabili gli attentatori che si sono mossi a Parigi e che forse ancora si preparano nelle nostre città. Il caso è interessante perchè le biografie degli attentatori di Parigi o di Jihadi John, ad esempio, non ci restituiscono l'immagine di bigotti musulmani d'Europa tutti casa e moschea, ma ci parlano di alcol, erba e musica rap. Particolari che compongono uno strano intruglio tra occidente ed islam radicale. Lo stesso connubio che si può vedere all'opera nel video di propaganda "No respite", diffuso pochi giorni dopo il 13 novembre: la sua grammatica fondamentalista è usata in una sintassi americaneggiante, il mix tra Chuck Norris e il califfo Al Baghdadi lascia confusi. Ci si potrebbe trovare di fronte ad una tappa dell'assalto all'occidente o forse solo all'intro di una nuova (in verità auspicata) versione di Command and Conquer.
Sembra quindi che abbiamo a che fare con ragazzi che ben si sono conformati alle abitudini occidentali e che di fatti rispondono a richiami in stile occidentale. Non è difficile immaginare che anche a questi ragazzi qualcosa sia andato storto. Il califfato appare allora come la più grande calamita di incazzature al mondo.
E come sempre c'è chi l'incazzatura é pronto a sfruttarla, le carogne che fanno della somma delle altrui miserie la propria forza ed il proprio potere. Parliamo del potere di vita o di morte da esercitare sulla popolazione di uno "stato" neppure troppo piccolo; del controllo su migliaia di barili di petrolio che giá oggi raggiungono ogni giorno, per vie traverse, l'Europa; dell'esercizio di influenza politica ed economica in vasti settori non solo del Medio Oriente, ma anche del continente africano.
E magari un giorno non troppo lontano, quando un altro pericolo sará percepito come più grande dell'ISIS, vedremo un califfo accolto a Roma o Parigi con tutti gli onori. É giá successo, per dire, con Gheddafi. Succede oggi con l'osceno accordo sull'immigrazione che la civilissima Europa firma con Erdogan.
E allora domani, tirando le somme di questa storia, concluderemo che i "cattivi" sono Jihadi John, l'Abdeslam Salah di turno o l'invasata di Torre Annunziata con la sua inspiegabile conversione all'Islam. Persone con cui, si badi bene, a nessuno farebbe piacere prendere un caffè. Ma, forse, questo è l'unico aspetto su cui i governi occidentali potrebbero davvero agire in maniera incisiva. Combattere, soprattutto dal punto di vista culturale, l'emarginazione ed il capovolgimento della scala dei valori che si vedono all'opera nelle nostre grandi città dovrebbe essere una priorità, al pari del controllo sulle attvità di alcuni luoghi di culto e di quell'azione internazionale che, sbattuta tra i flutti di troppi interessi contrapposti, non ha mai preso una direzione sicura e comprensibile.