Un fatto incredibile si è verificato oggi, il Giorno di Ognissanti, 01/11/2023, a Capri, in pieno centro, dove una turista tedesca è stata lasciata sotto la pioggia in stato confusionale, probabilmente con una congestione e senza le forze di alzarsi autonomamente dal muretto su cui si era appoggiata per rimettere. La donna, di lingua tedesca, sulla sessantina, è stata abbandonata dal gruppo di cui faceva parte: la guida volatizzata e irreperibile. Con lei, di tutto il gruppo, era rimasta solo una seconda donna che parlava pochissimo inglese e non sapeva che cosa fare. Fortunatamente le due donne sono state notate da uno dei negozi ancora aperti in zona Quisisana, che ha subito allertato il 118 e prestato soccorso. In meno di venti minuti l'ambulanza è arrivata trovando la donna bagnata fradicia e tremante, seduta sul muretto con gli occhi persi nel vuoto. Non senza qualche difficoltà, dovute sia alle condizioni fisiche della turista sia alla reciproca comprensione, gli operatori sono riusciti a far sedere la signora sull'ambulanza (non stesa per evitare che vomitasse ancora).
Un malore in viaggio può capitare, certo, assurdo se non criminale, invece, il comportamento del capo gruppo non le ha prestato alcun soccorso lavandosene le mani. Comportamento che dovrebbe costare il tesserino di guida autorizzata, ma chissà se un personaggio del genere sia veramente autorizzato o se si sia volatizzato anche per non avere problemi con una professione svolta abusivamente. Il dubbio è forte, la cosa certa è che se tutti i negozi avessero già chiuso per fine stagione, situazione che si può trovare già un pochino più avanti in Via Camerelle con le vetrine già incartate, la signora tedesca probabilmente starebbe ancora su quel muretto sotto la pioggia cercando aria.
Diciamolo apertamente: le morti ravvicinate di Marco ed Ettore hanno aperto uno squarcio sul fatto che le strade di Capri non sono sicure e che si corre troppo.
Questo in realtà è stato già negli anni addietro un argomento largamente dibattuto: alta velocità, asfalto di merda, buche ovunque, strade strette, sporche di olio... In centinaia sono dovuti ricorrere alle cure mediche per incidenti più o meno gravi, soprattutto i centauri.
Ma non si è fatto mai niente.
Solo il Comune di Anacapri acquistò qualche anno fa una tele-pistola laser che i vigili durante i turni di servizio piazzavano in appositi box.
Risultato: centinaia di automobilisti multati perché andavano a 40 all’ora; poi la notte, quando l’apparecchio era disinstallato, si correva tranquillamente per tutto il territorio.
Sicuramente la cosa si rivelò positiva per le casse comunali, ma altrettanto sicuramente non migliorò di una virgola la sicurezza stradale.
Poi la barzelletta finì quando qualche cittadino fece ricorso (vincendo) ed uscì fuori che il Codice della Strada prevedeva che l’utilizzo di una tale apparecchiatura, su strade urbane, necessitava afforza della presenza della pattuglia, la quale avrebbe dovuto utilizzare la pistola manualmente e contestare l’infrazione sul fatto. Ergo tutte quelle multe erano illegittime.
Questa regola è stata poi superata quest’estate, con le recenti modifiche al CdS, ed ora un tale utilizzo, automatico piuttosto che manuale, è legittimo anche su strade urbane
Ora, per rispondere alle preghiere di chi giustamente chiede di stoppare questa mattanza sulle strade isolane, anche il Comune di Capri ha annunciato la volontà di installare degli autovelox. Non sappiamo ancora con quali modalità e in quali luoghi, ma è certo che l’automobilista a cui si impone un limite ridicolo come quello dei 30km/h, rispetterà quella velocità soltanto nei punti dove saprà di rischiare la sanzione, per poi accelerare dove non potrà essere beccato. Magari anche più del dovuto, per recuperare il tempo perduto.
Magari si migliorerà la sicurezza in determinati punti e arriveranno bei soldoni a rifocillare il bilancio comunale, ma nel complesso avremo traffico in tilt, autisti ancora più esauriti e altri tratti su cui correre.
Le strade continueranno ad essere strette, piene di buche e tombini, con l’asfalto di merda, e piene di malepratici alla guida.
Le biciclette elettriche soltanto potranno correre impunite in quei tratti perché prive di targa e di casco... ah e di assicurazione!).
A questo punto della mia disamina qualcuno potrebbe accusarmi di benaltrismo.
No, non voglio spostare l’attenzione da un problema ad altri.
Ma essendo uno che guida dalla mattina alla sera, ho ben presente quali siano i problemi pratici: mantenere i 30 km/h per lunghi tratti è una follia. Un ciclomotore manco si mantiene diritto. Una macchina scassa la frizione.
Se sull’isola fosse concesso un limite di 50 km/h, allora sarei anche ben lieto degli autovelox, ma far diventare gli automobilisti le vittime sacrificali paganti, sull’altare del perbenismo piuttosto che su quello del buonsenso è una cosa a cui non ci sto. Non posso accettare che invece di partire dal sistemare l’asfalto e l’illuminazione si prenda un provvedimento che getta solo fumo negli occhi.
Vi dirò che nella mia vita, ne ho fatte di cazzate alla guida e tre o quattro volte ho preso cadute col motorino. Ma solo una volta ho pensato di morire: era l’inizio di settembre, una delle prime piogge dopo l’estate, scendevo veramente a 30 all’ora... ma appena imboccata la don Giobbe Ruocco, premetti leggermente sul freno e la macchina scivolò come se stesse sul ghiaccio. Fortuna volle che andai a sbattere con entrambe le ruote di sinistra sul marciapiede, la macchina fece per alzarsi, ma invece di rovesciarsi ricadde sulla destra.
Questo per dire che, andare piano a volte non basta. E che in quel dannato punto della don Giobbe Ruocco sono stati innumerevoli gli incidenti gravissimi in tutti questi anni, ma ancora nessuno si è preso la briga di far aggiustare quella dannata strada, che non è provinciale ma comunale!
Da qui la mia preghiera al consigliere Tortoriello e a tutta la Giunta: ci ragioni, ci ripensi, almeno ci ascolti. Non sarebbe meglio cominciare con le cose pratiche, anche se queste portano spese invece che introiti? Abbiamo almeno piena consapevolezza della situazione? Qual è l’obiettivo e sono gli autovelox il giusto mezzo per raggiungerlo ?
Ho passato gli ultimi giorni abbuffandomi la guallera con sta storia della funicolare Marina Grande-Anacapri e dell’ennesima bega tra amministrazioni isolane.
Il mio amico AltroParlante Vinaccione, quello che più o meno sarebbe l'informatico del gruppo, ci ha fatto una fantastica vignetta, che poi, ho visto, ognuno ha interpretato un po’ come cazzo gli pareva.
Nene, che invece appartiene alla vasta schiera dei tecnici di cui il nostro blog si può fregiare, ha scritto un ottimo articolo sulla vicenda in cui ha toccato i noccioli della questione e spiegato la sua delusione per l’occasione mancata.
Io pure avevo ultimato un articolo: una puntuale cronistoria sui fatti che hanno portato allo scontro e l’invito a una riappacificazione tra le parti.
Però rileggendo quell'articolo, così ingessato, così perbenista e probabilmente anche così inutile, ho avuto un’illuminazione: io sono il passionale del gruppo, il populista, quello che parla alla pancia. La mia specialità è la spontaneità.
Oggi, spontaneamente, vi dico con nonchalance che ste storie della funicolare, del buco e delle beghe, mi hanno rotto il cazzo.
Forse perché io stesso ne ho scritto e ne ho parlato troppo.
Non so quali siano le motivazioni che hanno spinto gli amministratori di Capri a fare marcia indietro sullo studio di fattibilità. Ma sinceramente ho tirato un sospiro di sollievo ed egoisticamente me ne fotto di chi la pensa diversamente.
Molti dicono giustamente che uno studio avrebbe permesso di conoscere meglio tutta una serie di dati sulla fattibilità e sull'impatto dell’opera. Sì, ma sarebbe stato anche un passo in più verso una sua possibile costruzione.
Vedete, io, vivo e soffro quotidianamente, l’annoso problema del traffico. Personalmente, non ho quasi mai il problema di dover riuscire a salire su un autobus che sembra una scatoletta di sardine e che feta di ascelle non lavate, ma ho una compagna e dei figli che vivono questo problema, e siccome mettersi in fila 45 minuti prima, a volte, non basta per riuscire al salire sulla diretta, di tanto in tanto, per rendere il loro ritorno dal mare meno disgraziato, li vado a prendere col mio taxi. Ma mentre mi dedico a questa “piacevole noia”, non penso che sarebbe una buona idea trivellare la mia isola come se fosse una puttana asiatica.
Non voglio avere camion di materiale e di risulta che per 10 anni rompono i coglioni per le strade isolane, solo per permettere a migliaia di cinesi di arrivare prima alla seggiovia o a Villa San Michele.
Io ho le idee chiare: c’è troppa gente, Capri è troppo piccolina per tutti questi gruppazzi di turisti rincoglioniti che nelle giornate di maltempo vanno a fare la foto al buco della Grotta Azzurra.
Alcuni dicono che non rinunceremo mai a tutta questa gente e al denaro che portano. E in effetti è vero, quest’isola è una miniera d’oro; ma è altrettanto vero che il benessere generale è calato negli ultimi anni, nonostante l’aumento smodato del turismo.
Ci chiediamo: come arginare questo problema? Come poter imporre un numero chiuso o una razionalizzazione degli sbarchi? Come gestire l’emergenza traffico?
Ovviamente con la politica. Con tutti gli strumenti e gli argomenti che abbiamo.
Magari cominciando a contare le persone: quante ne sbarcano ogni giorno, 14000 o molte di più?
Mi direte che la mia è un utopia.
Mah, nel 2016, fu l’allora sindaco di Capri, Gianni De Martino, a proporre una razionalizzazione degli sbarchi. Due persone insorsero: il comandante Ajello, braccio destro di Aponte e Cerrotta, il sindaco di Anacapri, che rifiutava l’idea di De Martino e proponeva invece un allargamento della banchina del porto e la costruzione di una funicolare.
Cioè scavare un buco nel culo di Capri, per non collaborare a una razionalizzazione degli sbarchi.
Preferisco la mia utopia a questa.
Tutto parte sempre dalla notizia, ricevuta dall'Autorità, di un abuso edilizio.
La notizia può pervenire in svariati modi: per conoscenza diretta dell'Ufficio Tecnico Comunale o della Polizia Giudiziaria che, passando davanti ad un cantiere all'opera approfondisce l’esistenza o meno di autorizzazioni ai lavori; oppure sempre l’U.T.C., nell'esaminare una pratica, va a fare un sopralluogo sui posti, e scopre nuovi abusi. Ancora, la notizia può giungere da una denunzia: da parte del vicino invidioso, precedentemente sgamato (del tipo: macomeiostavostavofacendosololacamerettapericriaturiequellolàsièfattolavilla), di parenti con cui si è andati a finire male (del tipo: motelafacciopagare), di un normale cittadino (pieno di cazzimma) che, passando davanti a una costruzione che prima non c’era, ne informa l’Autorità.
Insomma tutto parte da una notizia, che viene approfondita dall'Autorità, tramite un sopralluogo per l’accertamento di un abuso edilizio.
Da questo accertamento partono due procedimenti, l’uno amministrativo, l’altro penale.
Partiamo dal primo. I tecnici del Comune si recano sui luoghi del presunto abuso, e compiono l’accertamento delle opere abusive, redigendo una relazione di tutto ciò che riscontrano sul posto. Lo stesso Ufficio invia al responsabile dell’abuso, come primo atto, l’Ordine di sospensione dei lavori. A tale ordine, entro 45 giorni, segue un successivo provvedimento, notificato al malcapitato abusivista, ossia l’ordinanza di ingiunzione alla demolizione delle opere riscontrate, da effettuarsi entro 90 giorni dalla notifica dell’atto stesso. Con tale provvedimento, il responsabile degli abusi viene avvisato che dovrà demolire le opere contestate, pena: l’acquisizione gratuita del manufatto al patrimonio comunale, per eseguire la demolizione coattiva delle opere. E di questo parleremo a breve.
Decorsi i 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione, viene fatto un successivo controllo da parte dell’Ufficio Tecnico per verificare se l’interessato ha proceduto alla demolizione, così come ordinato. In caso di inottemperanza, che avviene nel 99,9% dei casi, i tecnici comunali redigono il Verbale di inottemperanza all'ordine di demolizione e notiziano il proprietario che l’immobile viene acquisito dal Comune. Da quel momento in poi, non solo le opere abusive, ma anche una porzione della proprietà fino a dieci volte l’area di sedime (si intende il terreno sul quale la casa è costruita) verrà acquisita al Patrimonio Comunale per la demolizione.
Non solo, la legge 164 del 2014 ha inferto un altro duro colpo all'abusivista, già provato dalle succitate sciagure: in caso di inottemperanza alla demolizione, lo stesso sarà soggetto ad una sanzione pecuniaria che va dai 2.000€ ai 20.000€. Già era bello il petrusino…
Ci si chiede quale sia il motivi di tale accanimento verso chi, a volte per speculazione, spesso per esigenza abitativa, abbia commesso un abuso edilizio. Su questo tema, l’importante sentenza della Corte Costituzionale n. 104/18 ha chiarito il senso di queste normative, sostenendo che il bene primario da tutelare è l’ambiente, costi quel che costi.
Per l’art. 107 D.lgs. 267/00, il Comune è il referente del procedimento amministrativo edilizio. Per tale ragione, è proprio al Comune che viene assegnato il gravoso compito di procedere all'abbattimento delle opere abusive, e di richiedere poi, in danno, all'abusivista le spese sostenute per l’abbattimento. Doppio scacco quindi. Non solo quello che hai costruito deve essere distrutto, ma il Comune diventerà proprietario di ciò che ne rimarrà, pagherai la sanzione e, in più, ti verranno chieste le spese sostenute per la demolizione (progetto, incarico ditta, lavori, smaltimento di materiali ecc.). L’art 31 della legge 47/85 (ora DPR 380/01) prevede che l’acquisizione da parte del Comune deve essere fatta al solo scopo del sostituirsi al proprietario per ottemperare all'ordine di demolire.
C’è solo una scappatoia. Una soltanto. Ed è molto stringente.
L’unico - e solo - caso in cui il Comune, secondo il citato articolo, potrà evitare la demolizione è quello in cui il Consiglio Comunale deliberi il pubblico interesse al mantenimento dell’opera abusiva, sempre che questo non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico. Insomma, serve, per non abbattere, un motivo valido, che venga dichiarato dal Consiglio Comunale, previo parere della Commissione Locale per il Paesaggio che attesti che l’opera non contrasta con gli interessi sopra citati.
Infine, beffa di tutte le beffe, la proprietà non potrà ritornare di diritto all'abusivista – anzi, secondo la sentenza della Corte Costituzionale, sarebbe proprio quello da evitare – ma deve essere messa a bando pubblico e assegnata a cittadini che hanno diritto ad un abitazione, inseriti in una apposita graduatoria. Così si conclude il procedimento amministrativo.
Passiamo al secondo, il procedimento penale.
Facciamo un passo indietro. Durante l’accertamento del presunto abuso, quando l’Ufficio Tecnico si reca sui luoghi, fa una relazione che invia alla Procura della Repubblica, che potrebbe richiedere un sequestro delle opere, che il GIP deve convalidare entro 48 ore. E così, da quella relazione, partono le indagini del procedimento penale.
Dopo l’avviso di conclusione indagini si passa al processo. Processo che potrà concludersi con una condanna, un’assoluzione oppure una dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Negli ultimi due casi il Giudice dispone in sentenza “il dissequestro delle opere e la restituzione dell’immobile all'avente diritto, avente diritto che potrebbe essere il Comune o l'abusivista, a seconda dei casi (ossia se c’è stata acquisizione o meno).
In caso di condanna per il reato edilizio, invece, la sentenza imporrà al condannato la demolizione dell’immobile. Un diverso e secondo ordine di demolizione, che si aggiunge a quello amministrativo. Nel momento in cui la condanna diviene definitiva, la Procura emette il provvedimento di R.E.S.A. (Registro Esecuzione Sanzioni Amministrative), ossia impone al condannato di eseguire ciò che aveva disposto la sentenza ed, in particolare, la sanzione della demolizione.
A quel punto non c’è scampo. C’è un ordine prescritto da una sentenza da eseguire. E va eseguito. Questo succedere per qualsiasi sentenza, a prescindere dal reato commesso. Come in caso di condanna per rapina, ad un certo punto, dopo che la sentenza diventa definitiva, il condannato riceve l’ordine di costituirsi in carcere. E non c’è scampo, è una pena che va eseguita.
Non è dato sapere in quale momento la Procura prenderà in mano, tra le migliaia di fascicoli, la R.E.S.A. di Tizio o di Caio e deciderà di controllare se è stata eseguita o meno.
Ma, una cosa è certa: prima o poi, succederà.
Come (mal)esposto nella doverosa premessa, persino chi, colpevolmente, è rimasto spiazzato, attonito, perplesso, basito, sgomento, dubbioso, scioccato, impietrito, a seguito della decisione della amministrazione anacaprese di “rompere i rapporti istituzionali”, osservando quell'uomo che, impavido ed incurante dei fischi e pernacchi dei soliti detrattori, presidiava il confine e tutelava la dignità ciammurra dagli oltraggi capresi, persino costui ormai non può non comprendere la giustezza di tale determinazione.
Amministratore caprese, il vento è cambiato, l’ora della riscossa è giunta.
Il 2 dicembre 2019 è stata scritta la Storia. Basta soprusi e sopraffazioni. Stavolta si è passato il segno. Ogni cittadino anacaprese dovrebbe dirlo chiaramente, senza paura, come insegna il nostro Primo Cittadino, in nome dell’amministrazione.
JE SUIS MOLTO INDIGNATO!
Il Sindaco Alessandro Scoppa, a nome dell’Amministrazione Comunale di Anacapri, comunicava alla cittadinanza tutta, “con forte rammarico” la “formale interruzione dei rapporti istituzionali con la amministrazione della città di Capri”. Le validissime argomentazioni poste a sostegno di tale determinazione sono fondate sugli “atteggiamenti di grave irresponsabilità politica”, posti in essere dalla amministrazione caprese, anche e soprattutto, in relazione alla questione funicolare. (n.d.r: per dovere di sintesi non era possibile riportare integralmente il sommo scritto, pertanto, si chiede venia per l’eventuale banalizzazione delle intollerabili offese ricevute dai nostri amministratori).
L’amministrazione è stata “costretta ad assumere un atteggiamento deciso per difendere sia i diritti connessi alla mobilità dell’isola di Capri sia quelli della nostra cittadinanza che, ancora una volta, viene pubblicamente offesa nella propria dignità”.
Mai fu detta cosa più giusta.
Anche io, da cittadino anacaprese, mi sento molto offeso e calpestato nella mia dignità.
Non se ne può più, troppo spesso abbiamo dovuto chinare il capo di fronte alla prepotenza caprese. Ma ora basta, finalmente inizia un mondo nuovo.
Ed allora, bisogna esprimere gratitudine all'attuale Amministrazione, che difende l’onore dei propri cittadini dai vergognosi attacchi di coloro che non riescono a comprendere il suo Giusto operato.
E non venga dato alcun peso a quanto affermato dagli stolti: cioè che, con assoluta coerenza, sin dalla presentazione della lista, l’attuale maggioranza caprese è stata ben chiara nei riguardi della funicolare.
E si vergognino i soliti sobillatori che ritengono, addirittura, che l’intervento anacaprese nelle elezioni capresi abbia esasperato la campagna elettorale, creando le condizioni per una futura difficile coesistenza delle due amministrazioni.
E non abbia alcuna voce chi ripete che, per colpa di una strategia di comunicazione pessima, l’importante questione funicolare è stata svilita e banalizzata, al punto che ormai si parla poco del merito della vicenda ed il dibattito è stato ridotto al racconto tragicomico di un Primo Cittadino, che, in nome dell'amministrazione, viene intervistato sul “confine” Capri/Anacapri e che, sempre in nome dell'amministrazione, non varca la frontiera per non entrare in territorio ostile.
Al rogo, poi, chi, banalmente, e senza addurre alcuna valida argomentazione, dice “n’agg sentite stronzate, ma come la rottura dei rapporti istituzionali…”.
Non merita, infine, nemmeno di essere riportata la maldicenza, detta sottovoce dai più gufi di tutti, che sussurrano che l’appoggio elettorale dell'amministrazione anacaprese porta semplicemente sfiga.
Nulla di più falso. Tutte cattiverie.
La verità è che quando vogliono metterti i piedi in testa, bisogna mostrare i muscoli.
Ormai, Anacapri può farcela anche da sola. E’ abbastanza grande per puntare i piedi, può andare avanti anche rompendo i rapporti istituzionali con l’unico altro Comune isolano.
Anche a costo di sacrificare – o mettere in secondo piano - “argomenti di grande valenza e di interesse comune che le due Amministrazioni dovrebbero trattare congiuntamente al fine di ottenere risultati soddisfacenti”.
Eh si, sono tanti gli argomenti sul tavolo: il Parco Marino, i collegamenti marittimi, il traffico su gomma, il problema ospedaliero, etc. etc.
Temi delicati e decisivi per il futuro di Capri, per carità, ma mai così vitali come la funicolare o così importanti come la salvaguardia della dignità dei cittadini.
Se ne convinca anche il più ottuso: la rottura dei rapporti con il vicino caprese è stata decisione saggia. Non c’era altra strada, bisognava alzare la voce, dare un segnale.
L’espressa volontà amministrativa della maggioranza anacaprese è, prevedibilmente, assurta a notizia di valenza nazionale, generando grande dibattito.
In Tv, in radio, sui giornali non si parla d’altro. Ci si chiede ora che succederà e si attendono sviluppi.
Come Sparta e Atene, come USA e URSS... prima o poi, negli annali, troveremo l’espressione come Capri e Anacapri.
Questa improbabile previsione appare meno assurda dopo la folle presa di posizione di entrambe le Amministrazioni di quest’Isola.
Prima di sviscerare la questione, vorrei fare una premessa, per evitare che la mia foto sia usata come bersaglio per le freccette: io sono pro- funicolare.
Sono d’accordo sul farla o, quantomeno, sul verificare se sia fattibile oppure no. E per questo, credo sia necessario che ognuno faccia un passo indietro, chiuda Wikipedia e Facebook, non parli di dissesti idrogeologici - che nessuno di noi ne sa un cazzo - faccia studiare l’argomento ai tecnici e, soltanto dopo, esprima un’opinione.
Personalmente sono a favore perché credo sia lampante il problema di mobilità in cui versa l’isola, specialmente nei periodi estivi. Quando per arrivare al porto si può rimanere bloccati in zona due golfi anche per mezzora. Una fila di auto che manco la processione di Sant'Antonio, incolonnate dall'ospedale fino ad oltre il Cimitero.
Sono a favore perché mi rendo anche conto che tutta sta gente che facciamo sbarcare sull'isola - e a cui nessuno è disposto a rinunciare - in qualche modo dovrà pur spostarsi.
Sono d’accordo perché se, facendo corna, per una malaugurata ipotesi non fosse accessibile la provinciale Capri Anacapri, noi Anacapresi resteremmo isolati sulla montagna, stile Heidi.
Allo stesso tempo, però, mi rendo conto che al caprese medio non frega proprio nulla della funicolare, loro già ce l’hanno: è utile, bella, rossa fiammante, efficiente. Sono ben collegati, rispetto alle loro esigenze. Al porto ci possono arrivare anche a piedi. E per loro, giustamente, raggiungere Anacapri, o arrivarci dal Porto in breve tempo, non è che sia di vitale importanza. Pochi cittadini capresi subiscono realmente i disservizi del traffico su gomma. Tutto si svolge nella mirabolante Piazzetta.
Per il cittadino anacaprese, invece, lo spostarsi su gomma ha un certo rilievo: si cresce coi motorini sulla Campagnola e, quando si diventa adulti, si va ad abitare in case situate, spesso, in zone inaccessibili per una famiglia senza auto. Per l'Anacaprese, la necessità di spostarsi è vitale. Mentre, il caprese sta già “apposto così”.
E da qui nasce il provvedimento assunto dall'attuale Amministrazione di Capri.
Posto che al caprese medio della funicolare interessa tanto quanto della TAV Torino-Lione, posto che l’attuale amministrazione già in campagna elettorale si era schierata apertamente contro il progetto funicolare, lo scorso venerdì l’amministrazione in carica ha portato avanti le promesse fatte ai suoi elettori, lasciando inevaso qualsiasi invito alla discussione o lettera monitoria (stile Marino avvisato mezzo salvato), inviata dal Comune di Anacapri. Ha varato il progetto Piazzale Europa, proposto dalla precedente amministrazione, dando incarico all’UTC di provvedere alla progettazione; contestualmente, ha ritenuto tale progetto incompatibile con quello della funicolare e, quindi, ha revocato l’approvazione dello studio di fattibilità, profumatamente pagato dal comune di sopra.
Solo dopo aver assunto la decisione di revocare la delibera, l’Amministrazione di Capri ha previsto un tavolo congiunto con quella di Anacapri, per discutere modalità alternative di collegamento tra i due Comuni.
È questa la prima decisione che lascia con l’amaro in bocca.
Non tanto la revoca dell’approvazione dello studio di fattibilità, quanto più il decidere - senza consultare l’altra comunità presente sull'isola– di intraprendere una strada per affrontare una problematica comune e, soltanto dopo, chiedere di aprire le trattative. Pare incredibile... e sembra proprio una presa per culo.
Tanti l’hanno letta come una presa per culo, ed il nostro Primo cittadino ha deciso di inviare una sorta di nota – il secondo provvedimento che lascia l’amaro in bocca -dove comunica la rottura dei rapporti istituzionali tra i due comuni.
E ci risiamo.
Così come quando volevamo le scuse formali con tanto di inchino e bacio della mano, per la puttanata su San Luca.
Nel merito: la questione, ora come allora, è effettivamente una zozzata - anche se non credo abbia leso la mia dignità di cittadino – ma è il modo in cui si portano avanti le proprie ragioni che lascia basiti. È la negazione dell'istituzionalità della politica che mi preoccupa.
Sembra che questi fatti si siano svolti negli studi della D'Urso o che, trovandosi in un programma della De Filippi, il nostro Primo/secondo cittadino abbia urlato: “Maria io esco”. È come se avesse scelto, da concorrente, di “abbandonare la casa”.
Siamo al livello del deputato della Lega che dichiara eterno amore alla propria compagna durante una seduta della Camera. È la mortificazione della sacralità della politica.
Oramai si ragiona, dall'alto di un Comune, spesso in nome di una comunità, come si può ragionare nel personale, contro uno che credevi amico ma che ti ha fatto uno sgarro.
Si usano modi di fare e parole che niente hanno a che fare con serietà istituzionale, da ambo le parti. Eppure la politica è una cosa seria... o forse lo era.
Io credo che, su un'isola, pensare di isolarsi sia davvero al limite della follia e penso, quindi, che sia sbagliata tanto l’una quanto l’altra posizione.
Abbiamo grandi problemi comuni – assistenza sanitaria e trasporti marittimi e problematiche relative al diritto alla casa - per la cui soluzione è indispensabile, innanzitutto, l’accordo tra le due Amministrazioni e poi un comune tentativo di contemperare le contrastanti esigenze dei vari soggetti economici e sociali che agiscono sull'isola.
I due Sindaci, gli Assessori e i Consiglieri di entrambi i Comuni possono, se ritengono, rifiutarsi di prendere il caffè insieme e non rivolgersi la parola, ma non hanno il diritto, per rispetto dei cittadini delle due comunità, di non discutere tra loro per la risoluzione dei problemi comuni.
I sindaci sono i PRIMI cittadini: questo dovrebbe significare che sono proprio loro a rappresentare la cittadinanza, e a dover essere da esempio.
Se, in una piccola isola, dove vivono solo due comunità, uno scaglia la prima pietra si deve anche aspettare una reazione da parte dell’altra… A questo punto potremmo anche tornare all'epoca delle sassaiole tra Capresi e Ciammurri delle quali, onestamente, nessuno - soprattutto noi giovani - sente la necessità.
Sarà mica il momento di iniziare a ragionare sul comune unico?
Grazie alla vicenda della rottura dei rapporti istituzionali tra i Comuni, finalmente la verità è venuta a galla ed il velo è caduto. Prendetene atto.
Tra i due contendenti, abbiamo un chiaro vincitore. E’ indiscutibile. Eppure gli ottusi o coloro che sono in malafede, ancora dubitano. Questo pezzo è soprattutto rivolto a loro.
Tento di spiegarmi. Ma è doveroso fare una premessa. Cominciando dal principio.
Elezioni.
Ad Anacapri, il cavallo di battaglia dell'amministrazione senza rivali è la funicolare. Avveniristico progetto, vitale per la mobilità isolana, dovrebbe portare benefici, afflusso turistico e servizi per il cittadino.
Tempi di realizzazione: circa 3 anni dall'inizio dei lavori. Costi dell’opera: almeno 100 milioni di euro, da recuperare chissà dove. Progressi e stato del progetto: studio di fattibilità, commissionato dall'amministrazione anacaprese, al costo di 200.000 euro, alla società Sintagma, che, dopo un meticoloso studio, certificava che “sì, si può fare la funicolare”.
A Capri, c’è combattimento vero. In campo ci sono due liste, tanti sono i temi sul piatto, e l’argomento funicolare importa poco. Eppure, l’opera incide su entrambi i Comuni e potrà realizzarsi solo con l’apporto delle due amministrazioni.
Ma l’argomento è divisivo, ed a molti elettori capresi non piace. Quindi, al di là delle convinzioni personali dei candidati, a Capri, parlare di funicolare, non sembra convenire sul piano elettorale. Nessuno ne vuole parlare.
Nessuno, tranne Ciro Lembo, che da anni ripete di ritenere la funicolare una cagata pazzesca. Di certo, tale considerazione trae origine da nobili ed alte ragioni. Però, dà anche voce ad una parte di elettorato che preferisce il caos ed il pascolo dei turisti giù al porto, rispetto al miglioramento della vivibilità dell’isola e della qualità della vita del cittadino.
La posizione di Ciro Lembo è netta: la funicolare non s’ha da fare.
Il suo peso elettorale è notevole. Ovvia e prevedibile sarà l’influenza di questa opinione sull'eventuale maggioranza Lembo.
Ed allora, anche se poco appetibile per il cittadino caprese, l’argomento funicolare entra prepotentemente anche nella campagna elettorale caprese.
E vi entra anche Franco Cerrotta che, sicuro e senza rivali lassù ad Anacapri, può permettersi di dare uno sguardo oltre i confini e dare una mano alla lista non dichiaratamente anti-funicolare.
Quella senza Ciro Lembo.
Quella dei suoi nuovi amici, ma anche dei suoi vecchi nemici, e chissà dei suoi futuri cosa.
Nulla di nuovo sotto al sole. Cinque anni fa, succedeva la stessa cosa ma a parti invertite.
L’ex Sindaco di Anacapri accorreva a Capri in aiuto dell’ormai ex amico Marino, per aiutarlo a difendersi dai terribili ragazzi della PrimaVera e dal solito Ciro Lembo.
Insomma, sembra esserci un'unica costante elettorale nella politica isolana, Ciro contro Franco, candidati, peraltro, sempre in Comuni diversi, tra i quali non dovrebbero esserci ingerenze né invasioni di campo.
Ma l’isola è piccola, molti problemi sono comuni e vanno affrontati congiuntamente, le interferenze sono fisiologiche. Forse, allora, come diceva bene Irene, dovremmo iniziare a pensare al Comune Unico (https://www.altroparlante.com/altracapri/il-guardone-del-faraglione/142-come-sparta-ed-atene-2.html).
Per il resto, non c’è memoria del passato ed, infatti, uomini, anche poco o niente affatto pensanti, sono valutati solo come un pacchetto di voti, e vengono contesi e corteggiati finché non decidono di schierarsi dall'altra parte. Da quel momento in poi, tornano ad essere, se tutto va bene, inaffidabili, incapaci e mariuoli. Almeno fino alle prossime elezioni.
A seguito dell’endorsement dell’ex Sindaco di Anacapri, la lista sconfitta alle ultime elezioni si trova imbarcata in una causa sposata malvolentieri, nel corso di una campagna elettorale già molto in salita. A Capri, a quel punto, curiosamente, il tema funicolare diventa un punto importante della campagna elettorale della lista Marino/Ciro. Che si schiera apertamente contro la funicolare.
Dall'altra parte, della funicolare si continua a parlare poco.
Ma, va detto, la discesa in campo dell’ex Sindaco di Anacapri, come al solito, non si limita ad una pacca sulla spalla e buona fortuna.
Come da sistema collaudato già cinque anni fa, egli è il più attivo di tutti. Dà tutto sé stesso, non si risparmia, e non risparmia neppure sulle telefonate.
Conseguenza prevedibile: tutti questi avvenimenti, inaspriscono ancor di più la campagna elettorale caprese, che si trasforma in un ridicolo ed interminabile teatrino.
Ciro Lembo, si sa, non le manda certo a dire ed i suoi attacchi iniziano a rivolgersi anche verso Franco Cerrotta, utilizzando tutto il suo, trito e ritrito, repertorio: espressioni ingiuriose, sparate senza capo né coda, minacce velate. Frasi tollerabili al bar di paese, inaccettabili se proferite da chi si propone di amministrare e rappresentare una comunità.
Ed in clima già ben esasperato, questi attacchi, rivolti esclusivamente ad un preciso membro della scorsa/attuale giunta, per motivi di comodo, vengono interpretati ad arte come se fossero rivolti ad una intera comunità, a tutta la cittadinanza anacaprese, dando vita ad un assurdo dibattito sull'orgoglio anacaprese ferito.
Finché, un giorno, la lista Anacapri, a nome di tutta la cittadinanza, reputa necessario chiedere ai membri della lista Lembi di porgere ufficialmente alla comunità anacaprese “scuse formali”, per lavare l’onta arrecata.
Il resto è storia.
Le elezioni capresi terminano con una netta vittoria della lista Ciro/Marino.
Ed alla amministrazione anacaprese, che ha puntato una altra volta sul cavallo sbagliato, non resta che iniziare una difficile convivenza con l’omologa amministrazione caprese: inviti per un confronto sul tema funicolare sistematicamente inevasi, prove di forza, dispettucci, chi più ne ha più ne metta.
Il culmine di questa provinciale farsa all'italiana, si registra il 29 novembre 2019, quando il Comune di Capri revoca la delibera con la quale la precedente amministrazione aveva approvato lo studio di fattibilità della funicolare.
E tre giorni dopo il Comune di Anacapri risponde con un atto senza precedenti che lascia stordita l’isola intera: la rottura dei rapporti istituzionali con l’amministrazione caprese.
Per la verità, questo provvedimento lasciava senza parole e stordito anche lo scrivente, che, per giorni, si è interrogato sulla valenza e sull'opportunità di mettere in atto una linea politica così grave.
Fino a quando, finalmente, è arrivato il giorno in cui persino questo ottuso redattore è stato illuminato ed ha capito la Verità.
Quel giorno in cui, il sottoscritto ha visto in TV un servizio televisivo della trasmissione “L’aria che tira”, dove il nostro Sindaco, fiero e spavaldo, intervistato sul “confine” tra i Comuni, veniva sbeffeggiato pubblicamente da tutti, ma proprio tutti i presenti nello studio, che, stolti o in malafede, faticavano a comprendere il lucido disegno sotteso al citato provvedimento.
Ed allora, solo allora, mentre osservava il nostro Primo Cittadino, che, davanti a milioni di italiani, era perculato e messo in ridicolo dalla solita propaganda del nemico, l’orgoglio ciammuro dello scrivente è venuto a galla e tutto è diventato chiaro.
Pertanto, urge prendere una posizione e offrire un contributo ad una visione nuova e ad una decisione assunta da nobili menti.
Intanto, però, questa doverosa premessa è già diventata un inutile e tedioso papiello e, per tali motivi, questo pezzo, per ora, termina qui.
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Tutto cominciò con le case d’affitto, quando nei mesi estivi famiglie napoletane abbastanza facoltose da potersi permettere una lunga villeggiatura, ma non tanto da acquistare una casa sull'isola, prendevano appunto in affitto le seconde case degli isolani. A dire il vero talvolta i villeggianti fittavano la prima casa degli indigeni, i quali si spostavano in abitazioni più piccole e scomode per offrire agli ospiti il miglior soggiorno possibile e ottenere, così, un più lauto compenso. Insomma, in tempi di ristrettezze, quando la mangiatoia non era bassa come oggi, anche così Capresi ed Anacapresi arrotondavano i loro guadagni.
Naturalmente, le case da affittare non potevano essere troppo fuori mano onde evitare un eccessivo affaticamento del villeggiante e dei suoi congiunti, né potevano essere di dimensioni troppo ridotte poiché ai tempi le famiglie si spostavano come tribù e il villeggiante di congiunti (moglie, figli, nonni, zii, cugini, cognati, suoceri, nipoti) poteva averne proprio tanti. Quindi, a differenza di oggi, non è che tutte le abitazioni dell’isola fossero eleggibili per l’affitto ai forestieri.
Il fenomeno, che di grossi problemi abitativi agli isolani non ne creava, andò esaurendosi sul finire del ‘900, travolto dalle nuove modalità di fruizione delle vacanze. Via i villeggianti, restano solo i turisti. Questi però si spostano per periodi di breve durata, sostano in un luogo al massimo per qualche giorno e non si portano dietro tre generazioni di familiari. Quindi di affittare una casa a mesi o settimane non se ne parla proprio.
Tuttavia, non c’è domanda per la quale il mercato non tenga pronta un’offerta ed ecco che prendono quota le nuove forme di ospitalità: b&b e case per vacanze. Arrivano poi gli affitti brevi e recentemente quel mercato molto poco controllabile di airbnb.
Vediamo perciò come funzionano ste cose.
I fari sono due leggi regionali: la 5 del 2001 per i bed and breakfast e la 17 dello stesso anno per le attività extralberghiere (le case vacanza soprattutto).
Partiamo dalla prima e subito scopriamo che: “Costituisce attività ricettiva di “Bed and Breakfast” l’offerta di alloggio e prima colazione esercitata, con carattere saltuario e non professionale, da un nucleo familiare che, ad integrazione del proprio reddito, utilizza parte della propria abitazione, fino ad un massimo di quattro camere e per un massimo di otto ospiti.”
Carattere saltuario e non professionale, integrazione del reddito, utilizzo di parte della propria abitazione. Sì, col cazzo, verrebbe da dire.
E poi un’altra cosa interessante ce la dice sempre l’art. 1: “L’esercizio dell’attività non costituisce cambio di destinazione d’uso dell’immobile e comporta, per i proprietari o i possessori dell’abitazione, l’obbligo di residenza o di stabile domicilio nella stessa.”
La norma come vedete sembra piuttosto precisa: se in quella casa (che resta appunto una casa e non un fabbricato strumentale all'attività) non ci abiti, non ci puoi fare il b&b. Ma poi la norma bisogna interpretarla e qui si apre un mondo. Quel mondo che permette, usando la fantasia, di fare un po’ tutto e nel quale fioriscono vere e proprie attività imprenditoriali (ma spesso senza i normali costi e rischi d’impresa), condotte da residenti e non, in immobili regolari e a volte magari no.
E se passiamo alle case vacanza le cose non cambiano di molto. Le differenze con i b&b sono: nessun servizio di tipo alberghiero (quindi neppure la colazione o il riassetto quotidiano delle camere), permanenza minima dell’ospite di tre giorni e concessione in uso dell’intero appartamento anziché di una sola camera. Qui viene meno, per ovvie ragioni, l’obbligo di stabile domicilio presso l’immobile.
Tanto i b&b che le case per vacanze possono essere gestite in forma non imprenditoriale (quindi niente partita IVA, pochi obblighi e un metodo piuttosto semplificato di calcolo delle imposte) oppure in forma imprenditoriale come una normale attività commerciale. La forma imprenditoriale naturalmente porta con sé costi più ingenti ed adempimenti più gravosi, molti cercano quindi di evitarla ad ogni costo, anche quando sarebbe inevitabile. Basti pensare che a rigor di legge, per le case vacanza, ci troveremmo di fronte ad un indice di imprenditorialità solo per il semplice fatto di farsi pubblicità (art. 3 comma 4), ma pure qui bisogna interpretare e si fa ancora più casino. Ad esempio, stare su airbnb può essere considerata promozione pubblicitaria?
Ora che ne sappiamo un po’ di più, parliamoci chiaro: la spinta data da queste attività al turismo isolano è fortissima ed è un fatto positivo. I redditi derivanti dal loro esercizio possono essere cospicui, con piacevoli ricadute sulla nostra intera economia. I bed and breakfast inoltre offrono, in maniera davvero apprezzabile, un’esperienza di soggiorno intima, familiare e un po’ meno costosa rispetto agli alberghi, cui spesso non hanno niente da invidiare.
È tutto bellissimo, purché prescindiamo da un paio di fatti: a fronte delle positive ricadute economiche, parte di quei guadagni è irrintracciabile per il fisco. A fronte della squisita ospitalità offerta, c’è una concorrenza poco leale nei confronti di alberghi che si devono confrontare con costi enormi e una giungla di regole.
E poi c’è l’assottigliamento del mercato delle locazioni: ma se un’attività extralberghiera rende così bene, chi è ancora incentivato a dare la propria casa in affitto alla popolazione residente? Metteteci pure che gli ospiti dei b&b dopo qualche giorno pagano e vanno via, gli inquilini invece possono anche smettere di pagarti, accampano mille richieste e non te li togli più di torno. Con il risultato che pure i “forestieri” che posseggono case sull'isola, e faticano ormai a mantenerle, trovano più conveniente improvvisarsi osti che affittare ai locali. Quando non si verifica l’altro paradosso della nostra isola: le case vuote e sbarrate e i residenti che non riescono a trovare un buco dove vivere.
Ecco quindi una provocazione: ma se le norme di cui abbiamo parlato fossero applicate in maniera un po’ meno elastica; se, evitando, per carità, ogni intento persecutorio, si mettesse in campo una seria attività di verifica dei requisiti di chi opera nel mercato extralberghiero; se si controllassero pure le modalità con cui tali attività vengono svolte, non è che alla fine ci troveremmo con qualche casa vacanze in meno e con qualche casa in più?