Ho passato gli ultimi giorni abbuffandomi la guallera con sta storia della funicolare Marina Grande-Anacapri e dell’ennesima bega tra amministrazioni isolane.
Il mio amico AltroParlante Vinaccione, quello che più o meno sarebbe l'informatico del gruppo, ci ha fatto una fantastica vignetta, che poi, ho visto, ognuno ha interpretato un po’ come cazzo gli pareva.
Nene, che invece appartiene alla vasta schiera dei tecnici di cui il nostro blog si può fregiare, ha scritto un ottimo articolo sulla vicenda in cui ha toccato i noccioli della questione e spiegato la sua delusione per l’occasione mancata.
Io pure avevo ultimato un articolo: una puntuale cronistoria sui fatti che hanno portato allo scontro e l’invito a una riappacificazione tra le parti.
Però rileggendo quell'articolo, così ingessato, così perbenista e probabilmente anche così inutile, ho avuto un’illuminazione: io sono il passionale del gruppo, il populista, quello che parla alla pancia. La mia specialità è la spontaneità.
Oggi, spontaneamente, vi dico con nonchalance che ste storie della funicolare, del buco e delle beghe, mi hanno rotto il cazzo.
Forse perché io stesso ne ho scritto e ne ho parlato troppo.
Non so quali siano le motivazioni che hanno spinto gli amministratori di Capri a fare marcia indietro sullo studio di fattibilità. Ma sinceramente ho tirato un sospiro di sollievo ed egoisticamente me ne fotto di chi la pensa diversamente.
Molti dicono giustamente che uno studio avrebbe permesso di conoscere meglio tutta una serie di dati sulla fattibilità e sull'impatto dell’opera. Sì, ma sarebbe stato anche un passo in più verso una sua possibile costruzione.
Vedete, io, vivo e soffro quotidianamente, l’annoso problema del traffico. Personalmente, non ho quasi mai il problema di dover riuscire a salire su un autobus che sembra una scatoletta di sardine e che feta di ascelle non lavate, ma ho una compagna e dei figli che vivono questo problema, e siccome mettersi in fila 45 minuti prima, a volte, non basta per riuscire al salire sulla diretta, di tanto in tanto, per rendere il loro ritorno dal mare meno disgraziato, li vado a prendere col mio taxi. Ma mentre mi dedico a questa “piacevole noia”, non penso che sarebbe una buona idea trivellare la mia isola come se fosse una puttana asiatica.
Non voglio avere camion di materiale e di risulta che per 10 anni rompono i coglioni per le strade isolane, solo per permettere a migliaia di cinesi di arrivare prima alla seggiovia o a Villa San Michele.
Io ho le idee chiare: c’è troppa gente, Capri è troppo piccolina per tutti questi gruppazzi di turisti rincoglioniti che nelle giornate di maltempo vanno a fare la foto al buco della Grotta Azzurra.
Alcuni dicono che non rinunceremo mai a tutta questa gente e al denaro che portano. E in effetti è vero, quest’isola è una miniera d’oro; ma è altrettanto vero che il benessere generale è calato negli ultimi anni, nonostante l’aumento smodato del turismo.
Ci chiediamo: come arginare questo problema? Come poter imporre un numero chiuso o una razionalizzazione degli sbarchi? Come gestire l’emergenza traffico?
Ovviamente con la politica. Con tutti gli strumenti e gli argomenti che abbiamo.
Magari cominciando a contare le persone: quante ne sbarcano ogni giorno, 14000 o molte di più?
Mi direte che la mia è un utopia.
Mah, nel 2016, fu l’allora sindaco di Capri, Gianni De Martino, a proporre una razionalizzazione degli sbarchi. Due persone insorsero: il comandante Ajello, braccio destro di Aponte e Cerrotta, il sindaco di Anacapri, che rifiutava l’idea di De Martino e proponeva invece un allargamento della banchina del porto e la costruzione di una funicolare.
Cioè scavare un buco nel culo di Capri, per non collaborare a una razionalizzazione degli sbarchi.
Preferisco la mia utopia a questa.