Ha ragione quel mio amico che ogni tanto mi ricorda quanto sono refrattario alle novità e forse al progresso. Eppure io mi sento discretamente “liberal” come direbbero in America. Però ad analizzare bene i fatti è vero: sono un terribile conservatore.
Mi piace viaggiare nei paesi del cosiddetto terzo mondo, perché nelle situazioni più estranee al mondo contemporaneo mi pare di vedere tutta la potenza e la semplice complessità della vita vera. Mi piace mettere la camicia pure quando non c’entra un cazzo, perché mi sembra che dia il senso di quello che siamo. Mi piace il tè, perché ci sento profumi e sapori antichi. Mi piace pure il vino, ma quello per fortuna va bene per tutte le epoche. Mi piacciono le storie dei vecchi, quelle semplici. E mi piacciono i giornali. Dio, quanto mi piacciono i giornali. Ne avrò comprati migliaia e di questo voglio parlarvi.
Sono anni che la carta stampata è in crisi. Da quando i mezzi di informazione si sono moltiplicati, sono rimasti proprio pochi quelli che si servono ancora dei quotidiani per tenersi aggiornati. Si potrebbe dire che uno il giornale mica lo legge solo per informarsi, ma pure per farsi un’opinione. Ma anche le analisi più acute oggi le potresti trovare facilmente online, magari pagando l’edizione digitale del tuo giornale preferito. Tutte le mattine sul tuo pad, prima ancora che ti svegli. Aggiungiamoci poi che la voglia di farsi un’opinione è in crisi almeno quanto la carta stampata.
E pensate che potenza il web se permette pure a quattro o cinque stronzi come noi di farsi leggere. Mica noi lo avremmo potuto o voluto fare un giornale. A parte che per come siamo produttivi sarebbe stato un biennale, ma poi come diceva Bennato “non potrei mai far carriera nel giornale della sera, perché finirei in galera”.
Insomma, pure se sto divagando e divagherò di più, quello che intendo dire è che i giornali cartacei non c’è proprio nessuno che potrà salvarli. Ci saranno tante altre domeniche in cui bestemmierò perché non trovo un cazzo di giornalaio aperto ad Anacapri, ma poi mi abituerò pure io. Come persino i più retrogradi prima di me si sono abituati alla scomparsa delle cucine a legna, dei francobolli, delle cabine telefoniche, della Lira. La Messa in latino. Cioè voi capite? Generazioni di Cristiani abituati ad andare in chiesa per vivere un rito incomprensibile, ma che dalla sua incomprensibilità generava la sua sacralità. E da un giorno all'altro la Messa in italiano. Sarà stato uno shock, ma non si può certo dire che sia stato un male. Almeno se uno va in chiesa capisce di che si parla.
Sui giornali invece tante volte, ancora oggi, di che si parla non si capisce. Si allude, si lascia intendere, si minaccia velatamente, si fanno nomi a caso o anche solo identikit. Insomma, a me i giornalisti stanno generalmente simpatici, ma sospetto che siano un buon numero quelli che trincerandosi dietro la libertà di stampa, ne approfittano per fare marchette ad amici e parenti o per perseguire, in maniera non proprio elegante, qualche loro interesse. E volesse il cielo che molti di questi scrivessero in latino, basterebbe il Castiglioni - Mariotti per capirne qualcosa in più. Invece tanti si esprimono in un italiano più ostico della lingua di Seneca e Cicerone.
Però, c’è un però. Ed è l’appiattimento cui tutti siamo soggetti quando sullo scaffale delle idee troviamo un solo prodotto infiocchettato e iperpubblicizzato. Quando la diffusione del pensiero diventa un puro esercizio di marketing. Perché a guardar bene nel fantastico mondo di internet questo succede: non siamo più noi ad andarci a prendere il prodotto che più ci piace dopo averne magari valutati diversi, ma sono le informazioni che vengono a prendere noi. E quelle che ci riescono sono spesso, semplicemente, le più reclamizzate e le più pompate di sponsor e artifici vari. Poi quegli scritti che hanno avuto la fortuna di finire sotto i nostri occhi li prendiamo e li compulsiamo svogliatamente, con isterici movimenti di dita che significano fretta e nessuna volontà di capire a fondo la questione.
Quindi, sebbene i giornali cartacei ed i giornalai sembrino destinati a fare la fine delle guardie regie; sebbene su certi giornalisti ci sia tanto da ridire; sebbene ci si offra la possibilità di risparmiare tanta carta imbrattata, forse per la buona salute della nostra capacità di pensare, ed in ultima analisi della nostra società, sarebbe opportuno che l’editoria e chi materialmente la diffonde fossero tutelati, incoraggiati e trattati con i riguardi (ma anche con le pretese) di chi offre un servizio pubblico.
Ed è per questo, e naturalmente perché sono piuttosto antiquato, che mi piace l’iniziativa che si descrive qui
(https://www.repubblica.it/cronaca/2020/01/28/news/la_crisi_delle_edicole_una_notte_bianca_per_salvarle-246985681/) e che troverei una buona idea destinare parte del finanziamento pubblico all'editoria ai giornalai che tengono aperta, davvero, la loro attività.