Nell'Eneide, Virgilio descriveva la “Fama” come un mostro alato, con tantissimi occhi ed orecchie, capace di muoversi molto velocemente, che riportava a tutti, con le proprie infinite bocche e lingue, ciò che aveva visto e sentito. La Fama rappresenta le dicerie che nascono e, fondendosi con la realtà al punto da non riuscire più a distinguerle, si diffondono velocemente ed acquistano credibilità.
Ieri mattina, ripensando alla sera precedente, quando siamo venuti a conoscenza del secondo caso di coronavirus sull'isola, quando i telefoni erano in tilt per gli innumerevoli messaggi ed il post del Comune di Capri era preso d’assalto dai commenti, mi è venuta in mente la nostra professoressa del liceo che ci spiegava la Fama, metafora di voci che corrono incontrollate, si modificano, si amplificano e, in breve tempo, diventano credibili, vere.
Il fenomeno si è ripetuto, in modo identico, sia per il primo caso anacaprese che per il primo caso caprese. I pettegolezzi sulle precedenti settimane trascorse dalla persona contagiata, le ragioni per cui è arrivata sull'isola, gli errori fatti e le precauzioni prese o non prese. Una valanga di informazioni che, da più fonti, circolavano incontrollate, e, ora, non si riesce più a distinguere la verità dalla diceria, che sono diventate un tutt'uno.
Le voci nascono e si diffondono a causa del panico e della mancanza di un’informazione ufficiale. Ed è pur vero che in questa situazione tutti hanno ragione: chi non può dire e chi vuole sapere.
Da un lato, è ovvio che le istituzioni comunali tutelino la privacy del cittadino: non c’è alcun motivo, alcun appiglio normativo per dire pubblicamente chi sia il nuovo contagiato, cosa abbia fatto, con chi sia stato. Anzi, commetterebbe un illecito l’istituzione che desse in pasto alla gente le generalità e i dati sanitari di chicchessia. L’ASL, coadiuvata dalle Forze dell’Ordine e dal Comune, ha il dovere di fare indagini e ripercorrere gli ultimi giorni del contagiato, contattare le persone con cui ha avuto a che fare e sincerarsi del loro stato di salute, tenendole sotto osservazione. Ora, noi che viviamo in un posto piccolo, su un’isola dove tutti conoscono tutti e tutto, pretendiamo di conoscerne le generalità. Ma davvero crediamo che, nelle zone dove i casi sono tanti, ogni giorno esca un bollettino con i nomi dei “colpevoli”??! Non c’è alcuna ragione per violare il diritto alla privacy dei contagiati e metterli alla pubblica gogna. Del resto, mica è colpa loro se sono stati contagiati.
Poi, c’è l’altro lato della medaglia: quello dei cittadini. Di chi sperava che, stando su un’isola, ci si potesse salvare da questa sciagura, di chi ha dei genitori anziani o dei nonni, di chi perde le staffe quando pensa a quanto sarebbe stato facile limitare gli arrivi. Perché la questione è tutta qui. In una metropoli, in una grande città, persino in un piccolo paesino a terraferma bloccare gli accessi è impossibile o quantomeno faticosissimo e, spesso, andrebbe impiegato un personale da fare invidia alla Casa de Papel, ma su un’isola, dotata di un solo e unico porto, con due aliscafi al giorno che arrivano, con tutte le Forze dell’Ordine possibili e immaginabili che attendono chi sbarca, com'è possibile che ci sia un nuovo contagio? E se c’è stato un nuovo contagio, bisogna, allora, evitare che ce ne siano dei nuovi. È umano che ci si senta più al sicuro, conoscendo i posti che la persona contagiata ha frequentato, i negozianti con cui è entrato in contatto.
Il problema è proprio la dicotomia tra diritto alla privacy e diritto ad essere informati al fine di tutelare il diritto alla salute. Probabilmente, è più giusto che le informazioni siano gestite e utilizzate dagli organi competenti ma, allo stesso modo, è umano e comprensibile il panico che sta assalendo la cittadinanza, tra notizie discordanti e poco credibili.
Tra l’altro, questo secondo contagio porta alla luce un problema molto sentito dai cittadini isolani, soprattutto nelle ultime settimane: quello dei “falsi residenti”. La popolazione dell’isola ha paura che possa esserci un arrivo di massa di coloro che, pur avendo la residenza sull'isola, trascorrono a Capri solamente poche settimane all'anno. Ed il fatto che questo secondo contagio riguardi una persona della terraferma - ma residente a Capri - suscita più scalpore rispetto al primo che ha riguardato un ragazzo di Anacapri.
E bisogna porsi delle domande. Il D.L. del 25 marzo ha bloccato gli spostamenti per ritornare al luogo di residenza, ma è davvero così complicato aggirare il divieto? L'autodichiarazione che i cittadini devono esibire alle Forze dell’ordine può riportare unicamente ragioni di comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero motivi di salute. Qual è il reale contenuto del concetto delle ragioni di “assoluta urgenza”? È possibile evitare l’onerosa multa e la denuncia penale con il giusto alibi? Potrà capitare che, nelle imminenti vacanze di Pasqua, qualche residente caprese, che, però, abita principalmente in terraferma, possa sbarcare adducendo un rientro dall'estero? Un guasto in casa? Una qualsiasi ragione di assoluta urgenza? Certo, farebbe una falsa dichiarazione e potrebbe essere denunciato per almeno un paio di reati penali. Ma il controllo sulla veridicità delle autodichiarazioni viene fatto?
Con l’ordinanza emanata prima dal Comune di Anacapri e poi riprodotta da quello di Capri si tenta proprio di arginare questa falla nei controlli. Chi vorrà accedere ai due comuni, sbarcando sull'isola per ragioni di necessità e urgenza, dovrà essere preventivamente autorizzato dalle Amministrazioni. Ottima iniziativa. Speriamo che ci siano controlli seri e serrati, al fine di rendere efficace il blocco che i Comuni tentano di applicare.
Nel frattempo, tra i cittadini regna il caos: voler sapere in che modo si procede ai controlli e come verrà arginato il problema del contagio è frutto del timore di contrarre il virus, e ricevere informazioni esatte e minuziose, di certo, non limiterebbe il contagio ma limiterebbe il dilagare delle paure, contenendo il disordine pubblico.
Tutto questo si scontra, però, con uno dei diritti più tutelati degli ultimi anni: il diritto alla privacy, che mai nessuna istituzione pubblica potrebbe violare. Certo non possiamo noi dirimere questo difficile contrasto tra innegabili diritti, ma sarebbe auspicabile, nei limiti del consentito, che venga fornita un’informazione costante alla popolazione per evitare di creare il caos. Soprattutto è, però, doveroso predisporre un controllo capillare del territorio per evitare sbarchi di persone che non potrebbero accedere all'isola, per evitare, come al solito, di “chiudere la stalla solo quando sono fuggiti i buoi”.