I taxi di Capri, sono unici e famosissimi in tutto il mondo. Vetture cabriolet, sette posti, coloratissime, con tenda per il sole.
Ci va tutta la famiglia, suoceri compresi. Ma il viaggio più bello è quello che si fa in due, stravaccati sulle poltrone posteriori, col vento che ti rinfresca dall’afa di luglio.
Sono, praticamente, limousine.
L’uomo che li ha resi tali, creando uno stile tutto caprese sopravvissuto fino ad oggi, è stato Giovanni Pisano, tassista-carrozziere, anacaprese, classe 1915.
Questo è stato già scritto in tanti articoli e in tanti libri dedicati alla storia isolana ma nessuno ha mai raccontato, più nel dettaglio, le vicende di quest’uomo straordinario.
A diciassette anni, Giovanni salutò la sua Rosina e partì per il servizio premilitare obbligatorio della leva fascista. A vent’anni ebbe la chiamata alle Armi, divenendo geniere dell’esercito.
Nel gennaio del 1937 si arruolò volontario per la guerra di Spagna e il primo febbraio sbarcò a Cadice prendendo parte alle azioni militari italiane.
Rientrato in Italia, nel Maggio del 1939, fu pluridecorato, ma non fece neanche in tempo ad andare in congedo che già venne richiamato a combattere nella seconda guerra mondiale. Inviato in Libia, si distinse durante i combattimenti ricevendo diverse medaglie al merito e la promozione a caporale, finché non fu ferito gravemente da un’arma da fuoco. Gli dovettero estrarre 18 proiettili e 33 schegge dalle gambe. Fu così imbarcato su un aereo per l’Italia, per ricevere le cure, ma nei pressi della Tunisia, questi fu abbattuto dall’aviazione nemica. Mentre il velivolo precipitava e la morte incombeva, a Giovanni apparve la sua promessa Rosina che gli diceva “buttati”. Si gettò fuori dall’aereo, naufragando nel mare. L’unico superstite. Ritrovato da un’imbarcazione d’assalto tedesca, ricevette le prime cure e venne interrogato. Quando i suoi salvatori seppero che era di Capri: la sorpresa! Guarda caso, essi erano stati proprio da poco di stanza sulla sua isola, giù al faro di Punta Carena.
Lo accompagnarono a Tunisi e finalmente riuscì a tornare in Italia, dove venne curato a Pisa.
Nel 1944 finalmente riuscì a rientrare a Capri, dove lo aspettavano i suoi concittadini festanti e dove lo aspettava soprattutto Rosa, ormai ventinovenne, con cui in tutti questi anni senza vedersi, aveva mantenuto una fitta corrispondenza di lettere d’amore. In quegli anni di guerra, Rosa, saliva per il Passetiello da Capri ad Anacapri per avere notizie dell’amato dalle Poste.
E c’era un motivo se saliva per il Passetiello e non per la strada normale: il padre, Giuseppe De Gregorio, non voleva più che la figlia, ormai così grande, aspettasse quest’uomo da troppo tempo via e che rischiava di non tornare nemmeno vivo.
Ora che Giovanni era tornato ancora provato dalle ferite, il padre di Rosa si incaponì ulteriormente contro questo matrimonio e non volle dare la sua benedizione. Ma i due amanti, dopo 13 anni di attesa, si sposarono ugualmente: lei uscì dalla casa del fratello, Luigi del ristorante la Pigna e l’accompagnò all’altare don Alberto del Bellavista.
Per Giovanni, dopo anni di guerra, cominciava la pace.
Grazie alle competenze acquisite nell’esercito, aprì una carrozzeria ad Anacapri e prese la licenza di tassista.
Affascinato dallo stile delle auto americane, chiese e ottenne dalla Camera di Commercio e dalla Motorizzazione, il permesso di modificare automobili allungandone lo chassis e rendendole adatte al trasporto di ulteriori passeggeri. Modificò così la maggior parte dei taxi capresi. Ma non si limitava ad allungare le auto. Se non erano già cabriolet, le convertiva lui. Realizzava la cappotte. E infine ne modificava gli sportelli e le code. Talvolta ricreava delle maschere anteriori ricche di cromature, che erano uno spettacolo a vedersi.
Ricevette così, dalla Camera di Commercio e Industria, il diploma con medaglia d’oro per la “premiazione del lavoro e del progresso”.
Stabilì una cordiale amicizia col Presidente della Repubblica Giovanni Leone che durante i suoi soggiorni a Capri, amava soffermarsi a guardarlo mentre lavorava in officina.
Invece, Giorgio Almirante gli faceva direttamente visita a casa, così come l’onorevole comunista Maglietta.
Nonostante fosse un sostenitore del Movimento Sociale Italiano, Giovanni Pisano si candidò e divenne assessore ad Anacapri col Sindaco democristiano Tommaso De Tommaso. Finché non avvenne una vicenda ancora piuttosto famosa tra gli anziani anacapresi: quella della costruzione dell’ingresso dell’Europa Palace, per cui, in modo ingiusto, alcuni terreni vennero di fatto espropriati per consentirne la realizzazione.
Pisano protestò vivacemente col Sindaco. Allora pare che questi lo prese e gli disse: “Vedi Giovanni, la politica è come un tavolo ricolmo di bicchieri su cui bisogna muoversi con attenzione per non rompere il bicchiere di nessuno. Io sono l’uomo che se vuole, dà un calcio al tavolo e fa saltare tutto”. “E io sono l’uomo che t’ mann’ affancul”, rispose il nostro uomo, abbandonando la carica di assessore e non volendo mai più perdonare Tommaso De Tommaso, il quale, in seguito, gli inviò vari emissari con la richiesta di riappacificarsi. Alla fine, pur di far pace, gli promise addirittura un permesso per costruire, ma Giovanni Pisano, uomo tutto d’un pezzo, non volle accettarlo, asserendo che non sarebbe stato un buon esempio per i suoi figli. Disse: “je ‘o permess ‘o voglio, ma no pe’ ‘nu piacere”.
Si spense il 30 novembre del 1986, con grande cordoglio di tutti coloro che l’avevano conosciuto.
Alcuni dei taxi creati da lui, anche se non più in servizio, sono ancora circolanti.