Tutto cominciò con le case d’affitto, quando nei mesi estivi famiglie napoletane abbastanza facoltose da potersi permettere una lunga villeggiatura, ma non tanto da acquistare una casa sull'isola, prendevano appunto in affitto le seconde case degli isolani. A dire il vero talvolta i villeggianti fittavano la prima casa degli indigeni, i quali si spostavano in abitazioni più piccole e scomode per offrire agli ospiti il miglior soggiorno possibile e ottenere, così, un più lauto compenso. Insomma, in tempi di ristrettezze, quando la mangiatoia non era bassa come oggi, anche così Capresi ed Anacapresi arrotondavano i loro guadagni.
Naturalmente, le case da affittare non potevano essere troppo fuori mano onde evitare un eccessivo affaticamento del villeggiante e dei suoi congiunti, né potevano essere di dimensioni troppo ridotte poiché ai tempi le famiglie si spostavano come tribù e il villeggiante di congiunti (moglie, figli, nonni, zii, cugini, cognati, suoceri, nipoti) poteva averne proprio tanti. Quindi, a differenza di oggi, non è che tutte le abitazioni dell’isola fossero eleggibili per l’affitto ai forestieri.
Il fenomeno, che di grossi problemi abitativi agli isolani non ne creava, andò esaurendosi sul finire del ‘900, travolto dalle nuove modalità di fruizione delle vacanze. Via i villeggianti, restano solo i turisti. Questi però si spostano per periodi di breve durata, sostano in un luogo al massimo per qualche giorno e non si portano dietro tre generazioni di familiari. Quindi di affittare una casa a mesi o settimane non se ne parla proprio.
Tuttavia, non c’è domanda per la quale il mercato non tenga pronta un’offerta ed ecco che prendono quota le nuove forme di ospitalità: b&b e case per vacanze. Arrivano poi gli affitti brevi e recentemente quel mercato molto poco controllabile di airbnb.
Vediamo perciò come funzionano ste cose.
I fari sono due leggi regionali: la 5 del 2001 per i bed and breakfast e la 17 dello stesso anno per le attività extralberghiere (le case vacanza soprattutto).
Partiamo dalla prima e subito scopriamo che: “Costituisce attività ricettiva di “Bed and Breakfast” l’offerta di alloggio e prima colazione esercitata, con carattere saltuario e non professionale, da un nucleo familiare che, ad integrazione del proprio reddito, utilizza parte della propria abitazione, fino ad un massimo di quattro camere e per un massimo di otto ospiti.”
Carattere saltuario e non professionale, integrazione del reddito, utilizzo di parte della propria abitazione. Sì, col cazzo, verrebbe da dire.
E poi un’altra cosa interessante ce la dice sempre l’art. 1: “L’esercizio dell’attività non costituisce cambio di destinazione d’uso dell’immobile e comporta, per i proprietari o i possessori dell’abitazione, l’obbligo di residenza o di stabile domicilio nella stessa.”
La norma come vedete sembra piuttosto precisa: se in quella casa (che resta appunto una casa e non un fabbricato strumentale all'attività) non ci abiti, non ci puoi fare il b&b. Ma poi la norma bisogna interpretarla e qui si apre un mondo. Quel mondo che permette, usando la fantasia, di fare un po’ tutto e nel quale fioriscono vere e proprie attività imprenditoriali (ma spesso senza i normali costi e rischi d’impresa), condotte da residenti e non, in immobili regolari e a volte magari no.
E se passiamo alle case vacanza le cose non cambiano di molto. Le differenze con i b&b sono: nessun servizio di tipo alberghiero (quindi neppure la colazione o il riassetto quotidiano delle camere), permanenza minima dell’ospite di tre giorni e concessione in uso dell’intero appartamento anziché di una sola camera. Qui viene meno, per ovvie ragioni, l’obbligo di stabile domicilio presso l’immobile.
Tanto i b&b che le case per vacanze possono essere gestite in forma non imprenditoriale (quindi niente partita IVA, pochi obblighi e un metodo piuttosto semplificato di calcolo delle imposte) oppure in forma imprenditoriale come una normale attività commerciale. La forma imprenditoriale naturalmente porta con sé costi più ingenti ed adempimenti più gravosi, molti cercano quindi di evitarla ad ogni costo, anche quando sarebbe inevitabile. Basti pensare che a rigor di legge, per le case vacanza, ci troveremmo di fronte ad un indice di imprenditorialità solo per il semplice fatto di farsi pubblicità (art. 3 comma 4), ma pure qui bisogna interpretare e si fa ancora più casino. Ad esempio, stare su airbnb può essere considerata promozione pubblicitaria?
Ora che ne sappiamo un po’ di più, parliamoci chiaro: la spinta data da queste attività al turismo isolano è fortissima ed è un fatto positivo. I redditi derivanti dal loro esercizio possono essere cospicui, con piacevoli ricadute sulla nostra intera economia. I bed and breakfast inoltre offrono, in maniera davvero apprezzabile, un’esperienza di soggiorno intima, familiare e un po’ meno costosa rispetto agli alberghi, cui spesso non hanno niente da invidiare.
È tutto bellissimo, purché prescindiamo da un paio di fatti: a fronte delle positive ricadute economiche, parte di quei guadagni è irrintracciabile per il fisco. A fronte della squisita ospitalità offerta, c’è una concorrenza poco leale nei confronti di alberghi che si devono confrontare con costi enormi e una giungla di regole.
E poi c’è l’assottigliamento del mercato delle locazioni: ma se un’attività extralberghiera rende così bene, chi è ancora incentivato a dare la propria casa in affitto alla popolazione residente? Metteteci pure che gli ospiti dei b&b dopo qualche giorno pagano e vanno via, gli inquilini invece possono anche smettere di pagarti, accampano mille richieste e non te li togli più di torno. Con il risultato che pure i “forestieri” che posseggono case sull'isola, e faticano ormai a mantenerle, trovano più conveniente improvvisarsi osti che affittare ai locali. Quando non si verifica l’altro paradosso della nostra isola: le case vuote e sbarrate e i residenti che non riescono a trovare un buco dove vivere.
Ecco quindi una provocazione: ma se le norme di cui abbiamo parlato fossero applicate in maniera un po’ meno elastica; se, evitando, per carità, ogni intento persecutorio, si mettesse in campo una seria attività di verifica dei requisiti di chi opera nel mercato extralberghiero; se si controllassero pure le modalità con cui tali attività vengono svolte, non è che alla fine ci troveremmo con qualche casa vacanze in meno e con qualche casa in più?